Sono qui ospitate alcune emblematiche opere di tre
grandi artisti d’origine mugellana che hanno
contribuito a rinnovare profondamente l’arte del loro
tempo.
Giotto, nato a Colle di
Vespignano vicino a Vicchio attorno al 1266, tradusse
l’ormai antiquato “greco” della tradizione bizantina
nel chiaro “latino” della moderna lingua figurativa. Lo
si vede nei volti così caratterizzati dei due Santi
delle tavolette appartenenti ad una predella (Firenze,
Collezione Ente Cassa di Risparmio di Firenze) e,
soprattutto, nel Santo Stefano (Firenze, Museo
della Fondazione Horne), scomparto di un polittico ove
il diacono si staglia plasticamente sul fondo oro
vestito di una preziosa dalmatica. Tiene in mano
saldamente un libro sacro drappeggiato che sembra
proiettare fuori dallo spazio del dipinto la figura di
questo giovane, bello e ‘vero’: tale infatti doveva
sembrare a chi lo guardava nel 1320 con gli occhi
ancora perlopiù abituati alla fissa bidimensionalità
bizantina.
L’Angelico, nato alla fine del
Trecento a Vicchio, traghettò la pittura dal mondo
tardogotico a quello rinascimentale, conciliando in una
superiore e ‘dolcissima’ sintesi di fede e ragione
l’‘antico’ con il ‘moderno’. Nella pala per l’altare
maggiore della chiesa di Bosco ai Frati (Firenze, Museo
di San Marco), commissionata al pittore da Cosimo il
Vecchio dopo il 1450, i santi, tutti in abiti
quattrocenteschi, vivono nello spazio raffinatamente
classico della scena, definito sia dalla profonda
esedra centrale coperta dalla conchiglia dorata e
ospitante la Vergine col Bambino e gli angeli, sia dal
pavimento prospettico in primissimo piano, sia dalla
parete di fondo dove colonne trabeate e nicchie e
tarsie ricostruiscono l’ambiente ad un tempo fastoso e
festoso di una domus romana, colorata di preziosissimi
marmi e stoffe.
Andrea del Castagno, nel cui
stesso nome si volle mantenuta la memoria del natio
borgo sulle montagne mugellane, presenta, invece, del
Rinascimento un’interpretazione eroica. Così i grandi
letterati dell’appena trascorso Medioevo, Dante e
Boccaccio, balzano in primo piano con la forza di
‘moderni’ oratori negli affreschi del 1448-1449
(contemporanei quindi alla pala angelichiana)
provenienti da Villa Carducci a Legnaia presso Firenze
(Firenze, Galleria degli Uffizi): i loro saldissimi
corpi non sembrano più appartenere allo spazio
pittorico ove è finto una sorta di palcoscenico
teatrale all’antica tutto fasciato di marmi policromi e
scandito da lesene classiche, bensì allo spazio reale
(si osservino quegli straordinari piedi e mani in
ardita prospettiva), pronti all’azione proprio come
voleva il miglior Umanesimo civile della Firenze di
Leonardo Bruni, di Coluccio Salutati, di Leon Battista
Alberti.
Il Mugello e le arti: Giotto, il Beato Angelico e Andrea del Castagno
Giotto
Beato Angelico
Andrea del Castagno