Nelle prime due immagini dipinte sono le radici della famiglia a venire esaltate: vi sono raffigurate le dimore del Trebbio e di Cafaggiolo, con i loro sobri volumi architettonici, i muri di cinta, le torri di guardia, gli orti, i giardini, i pergolati incastonati nel verde ondulato del paesaggio.
Era in entrambe le
fabbriche intervenuto Michelozzo, architetto impegnato
anche a Bosco ai Frati, che trasformò le severe
residenze fortificate in armoniose dimore umanistiche.
L’artista era stato chiamato dal padre di Cosimo il
Vecchio, Giovanni di Bicci, per rinnovare il castello
del Trebbio dopo il 1426 e i lavori erano stati poi
seguiti dal figlio, grande “appassionato del murare”; a
Cafaggiolo, invece, tra il 1431 e il 1433, il
committente era stato con tutta probabilità Giuliano,
figlio di un cugino sempre di Cosimo.
Una volta estinto questo ramo della famiglia nel 1443,
la villa di Cafaggiolo passò nelle mani di Cosimo che,
nel 1451, avrebbe assegnato al suo nipote Pierfrancesco
(figlio del fratello Lorenzo) divenuto maggiorenne,
l’antica proprietà del Trebbio, tenendo invece per sé
Cafaggiolo. Qui crebbero suo figlio Piero e i nipoti
Giuliano e Lorenzo, il quale ultimo vi compose la
Nencia da Barberino. E fu proprio il Magnifico Lorenzo,
nel 1485, a cedere al ramo cadetto della famiglia, già
proprietario del Trebbio, anche la villa di Cafaggiolo,
ove fiorì poi, dal 1498, la celebre fabbrica di
ceramiche.
Dal Trebbio sarebbe invece
partito nel 1537, non appena ricevuta la notizia
dell’uccisione di Alessandro, un altro Cosimo (figlio
di Giovanni delle Bande Nere) appena diciottenne e
destinato a divenire duca e poi granduca di Toscana:
egli avrebbe portato Firenze nel giuoco
dell’assolutismo europeo, tra Francia e Impero,
trasformando la passione artistica dei suoi
predecessori quattrocenteschi in una sfarzosa
celebrazione della magnificenza dello stato.
Le antiche dimore del Trebbio e di Cafaggiolo
sarebbero, così, rimaste luoghi ancora cari, ma, nella
loro eccessiva rusticanità, adatti al massimo al rito
stagionale della caccia.
Sarà il figlio di questi,
Francesco, a trasferire la magnificenza della corte
nella cornice di una residenza agreste ‘affacciata’
sull’avito Mugello, acquistando nel 1568 terreni
‘montani’ nell’impervia zona di Pratolino dove far
erigere ad opera di Bernardo Buontalenti una nuova,
splendida e modernissima villa. Questa (demolita
all’inizio dell’Ottocento perché ormai in abbandono)
nella sua relativamente semplice volumetria celava,
nascosta nell’imbasamento, una serie di grotte
fantastiche, dove l’acqua scorreva azionando meccanismi
che producevano musica e facevano muovere automi,
scendendo dalla fontana di Giove e soprattutto da
quella dell’Appennino (territorio montano da cui i
Medici erano discesi secoli prima), per poi riempire
altre grotte e fontane poste più a valle, in una
complessa compenetrazione tra natura e artificio, così
cara al malinconico granduca e alla sua amata Bianca
Cappello.
Trebbio, Cafaggiolo, Pratolino
Cosimo il Vecchio, Pierfrancesco, Lorenzo il Magnifico, il granduca Francesco I