Andrea del Castagno
(Castagno presso San Godenzo prima del 1419-Firenze 1457)
Della giovinezza di Andrea di Bartolo, detto Andrea del Castagno, dal nome del paese natale sull’Appennino mugellano, si sa davvero poco, se non che fu condotto a Firenze e messo a bottega presso un pittore non meglio precisato. Qui si guadagnò il soprannome di “Andreino degli impiccati” per aver raffigurato sulla facciata del Palazzo del Podestà (poi Palazzo del Bargello) i corpi senza vita dei ribelli banditi dalla città dopo la battaglia di Anghiari del 1440 e così giustiziati in effigie.
Dopo un soggiorno a Venezia a decorare nel 1442 la volta della cappella di San Tarasio in San Zaccaria, la sua carriera artistica si svolse tutta a Firenze nel breve volgere di quindici anni. Nel 1444 ricevette l’incarico di fornire il cartone per una delle vetrate del tamburo del Duomo fiorentino, al fianco di artisti quali Ghiberti, Donatello e Paolo Uccello.
Per la cappella del castello del Trebbio che la famiglia Pazzi possedeva sui monti sopra Pontassieve eseguì il grande affresco con la Madonna con il Bambino e santi (Firenze, Uffizi) sullo sfondo di un sontuoso drappo. Per le benedettine osservanti di Sant’Apollonia, nel 1447, affrescò nel refettorio la monumentale Ultima Cena ambientata in un cenacolo rivestito di splendidi marmi ‘bizantini’ in rigoroso scorcio prospettico e sormontata da tre scene della Passione unificate da un luminoso paesaggio.
Fu impegnato poi nella villa Carducci a Legnaia ad affrescare il ciclo degli Uomini illustri; chiamato, tra il 1451 e il 1453, a proseguire nel coro di Sant’Egidio l’opera di Domenico Veneziano, che vi aveva lavorato col giovane Piero della Francesca non portò però a termine l’impresa, completata più tardi da Alesso Baldovinetti e distrutta in epoca barocca. Alla Santissima Annunziata affrescò, nella cappella Da Gagliano poi Ferroni, un luminoso San Giuliano con il Cristo, e successivamente, nella cappella Corboli, una donatelliana Trinità e San Girolamo tra due sante.
Poco prima di morire, probabilmente di peste, dipinse nella cattedrale fiorentina, nel 1456, accanto a quello dedicato a Giovanni Acuto ed affrescato da Paolo Uccello vent’anni prima, il monumento equestre a Niccolò da Tolentino, condottiero dell’esercito fiorentino vincitore dei Senesi nella battaglia di San Romano, immaginato come una possente statua equestre all’antica.
(Castagno presso San Godenzo prima del 1419-Firenze 1457)
Della giovinezza di Andrea di Bartolo, detto Andrea del Castagno, dal nome del paese natale sull’Appennino mugellano, si sa davvero poco, se non che fu condotto a Firenze e messo a bottega presso un pittore non meglio precisato. Qui si guadagnò il soprannome di “Andreino degli impiccati” per aver raffigurato sulla facciata del Palazzo del Podestà (poi Palazzo del Bargello) i corpi senza vita dei ribelli banditi dalla città dopo la battaglia di Anghiari del 1440 e così giustiziati in effigie.
Dopo un soggiorno a Venezia a decorare nel 1442 la volta della cappella di San Tarasio in San Zaccaria, la sua carriera artistica si svolse tutta a Firenze nel breve volgere di quindici anni. Nel 1444 ricevette l’incarico di fornire il cartone per una delle vetrate del tamburo del Duomo fiorentino, al fianco di artisti quali Ghiberti, Donatello e Paolo Uccello.
Per la cappella del castello del Trebbio che la famiglia Pazzi possedeva sui monti sopra Pontassieve eseguì il grande affresco con la Madonna con il Bambino e santi (Firenze, Uffizi) sullo sfondo di un sontuoso drappo. Per le benedettine osservanti di Sant’Apollonia, nel 1447, affrescò nel refettorio la monumentale Ultima Cena ambientata in un cenacolo rivestito di splendidi marmi ‘bizantini’ in rigoroso scorcio prospettico e sormontata da tre scene della Passione unificate da un luminoso paesaggio.
Fu impegnato poi nella villa Carducci a Legnaia ad affrescare il ciclo degli Uomini illustri; chiamato, tra il 1451 e il 1453, a proseguire nel coro di Sant’Egidio l’opera di Domenico Veneziano, che vi aveva lavorato col giovane Piero della Francesca non portò però a termine l’impresa, completata più tardi da Alesso Baldovinetti e distrutta in epoca barocca. Alla Santissima Annunziata affrescò, nella cappella Da Gagliano poi Ferroni, un luminoso San Giuliano con il Cristo, e successivamente, nella cappella Corboli, una donatelliana Trinità e San Girolamo tra due sante.
Poco prima di morire, probabilmente di peste, dipinse nella cattedrale fiorentina, nel 1456, accanto a quello dedicato a Giovanni Acuto ed affrescato da Paolo Uccello vent’anni prima, il monumento equestre a Niccolò da Tolentino, condottiero dell’esercito fiorentino vincitore dei Senesi nella battaglia di San Romano, immaginato come una possente statua equestre all’antica.