Donato di Niccolò Bardi, detto Donatello
(Firenze, 1386 ca.-1466)
Crocifisso
1406-1408 ca.
legno
Firenze, Fondo Edifici per il Culto e Opera di Santa Croce

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L’opera è ricordata come di Donatello da tutte le fonti antiche a partire da Francesco Albertini (1510); commissionata, come scrive Francesco Bocchi nel 1591 da “Bernardo o Niccolò del Barbigia” per l’altare addossato al tramezzo del coro di Santa Croce. Demolita nella ristrutturazione vasariana questa parete separante nella basilica francescana, come del resto in molte altre chiese medioevali, il coro dei monaci dallo spazio delle navate riservate ai fedeli, il Crocifisso fu trasferito nella cappella di antico patronato dei Bardi nella testata sinistra del transetto, dov’è ancor oggi collocato.

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E’ molto evidente la dipendenza di Donatello da Lorenzo Ghiberti, col quale aveva collaborato ai rilievi bronzei della porta nord del Battistero fiorentino tra il 1404 e il 1407, nella impostazione allungata della figura, nella naturalezza dell’epidermide accentuata dalla policromia originale e, soprattutto, nelle pieghe dagli affilati andamenti ritmici del lungo perizoma. Siamo quindi agli esordi del giovane artista poco più che ventenne, eppure l’esperienza maturata accanto al più anziano maestro è già forzata in direzione di una nuova possente espressività che segnerà poi l’intera produzione donatelliana.

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Lo scultore modella le membra del vigoroso corpo esasperandone le tensioni (con le braccia mobili da disporre lungo i fianchi una volta deposto Cristo dalla croce e messo “in pietà” nel sepolcro della Settimana Santa o durante le processioni) e accentua nel volto la sofferenza dell’agonia dichiarata da quell’affossarsi della testa tra le spalle, con le ciocche dei capelli come madidi di sudore. E ben si comprende, di fronte a tanta espressività, la critica di Brunelleschi (che cioè “avesse messo un contadino in croce”) che, invece, già aspirava ad un superiore equilibrio classico.